Le buone intenzioni

Ci sono periodi dell’anno in cui le persone si riservano di fare progetti.

I più famosi sono il Natale per i bambini (“sarò più buono.. ma portami i regali!”), l’inizio dell’anno per molti adulti (“quest’anno cambio vita!”) oppure l’imminenza della famigerata «prova costume» (“da domani devo mettermi a dieta!”).

Per molti ciclisti invece è il mese di maggio il periodo dei buoni propositi, soprattutto perché sullo schermo di molti televisori scorrono le immagini del Giro d’Italia.

Il mio proposito di quest’anno è salire in bicicletta al Passo del Gavia.

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Ghizzo con il suo amico Lorenzo durante un’escursione al Passo del Gavia nell’agosto 2009

 

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La tappa del giro del 1988, nel quale i girini salirono al passo del Gavia sotto una bufera di neve (foto tratta da http://www.albumciclismo.it)

Io a dire la verità non sono un ciclista: preferiscodefinirmi cicloamatore per vari motivi.

Innanzitutto non ho una bicicletta da corsa, ma una più spartana mountain bike; secondo ho fatto tanti bei giri in bicicletta per la mia pianura, ma al massimo sonoarrivato a percorrere 100-120 chilometri in una volta sola, che non sono male, ma per il resto un mio giro-tipo si ferma attorno ai quaranta chilometri.

Per l’ultimo, ma forse per l’aspetto più importante, non sono un grande amante della velocità sui pedali, una volta che riesco a mantenere una media oraria di 25/27 km/h sono l’uomo più felice della terra.

Perché mi sono convinto che ogni uomo ha una velocità sostenibile, che non è certo quella che si raggiunge a bordo di una automobile, ma nemmeno quella di uno scooter; intorno ai 25 km/h i nostri cinque sensi si riescono a cogliere moltissime cose, che già di per sé bastano l’esperienza di un giro sulle due ruote, qualsiasi sia il tempo che si sta sul sellino o i chilometri complessivi percorsi.

Il mio proposito di quest’anno non è una sfida impossibile ai miei muscoli o alle mie capacità pedalatorie, ma è una sfida a me stesso sotto diversi aspetti. Cosa c’è di particolare in una “impresa” come questa?

Di fatto niente, perché ogni anno migliaia di ciclisti e cicloamatori salgono sulle rampe di quella salita, gente che arriva da tutto il mondo con ogni tipo di abbigliamento e ogni tipo di mezzo a due ruote, dai più professionali ai più semplici, persone di ogni età.

C’è gente che ha raggiunto quel traguardo almeno una cinquantina di volte (molte foto di questi traguardi sono appese alle pareti dei due rifugi del passo): io invece sono salito o sceso al passo del Gavia almeno una decina di volte.. ma tutte a piedi!

Nelle mie camminate ho incontrato ogni volta decine di persone che con la loro bicicletta arrivavano al passo e le ho sempre invidiate.

Perché io invece non mi sono mai deciso a farlo.

Tranne una volta: in quel periodo però mi avevano rubato la mia amata mountain bike e per fare l’impresa mi ero fatto prestare la bicicletta da un amico.

Peccato però che quella bicicletta (me n’ero accorto solo arrivato all’inizio della salita a Santa Apollonia) avesse più di un raggio rotto, inoltre appena scesi dal nostro mezzo di trasporto, una simpatica pioggerellina e l’aria particolarmente frizzante (4 gradi…) ci avevano sconsigliato di insistere nella nostra (non ancora iniziata) fatica.

Se dunque questa impresa non è così eccezionale, perché ce ne parli sulle pagine de “Il Ciclosofo”?

Semplice: una volta scritte, le cose sembrano diventare più vere. È come se prendessi un impegno non solo con me stesso, ma anche con chi mi legge. E se in fondo a se stessi si riesce anche a mentire, quando si prende un “impegno” con gli altri la cosa diventa meno facile (questo discorso però non vale per i politici! N.d.A.).

Inoltre dopo aver letto un racconto di Jovanotti (che potete leggere qui) ho pensato che era ora di tornare a fare cose senza senso, come non faccio da un po’.

Così attraverso queste pagine chiedo aiuto ai miei due cari amici Mauro (il Ciclosofo) e Damiano: ragazzi, fissiamo la data e rendiamo sempre più possibile e reale questo mio proposito!

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